Dakar, Endurance, futuro… a tu per tu con Fernando Alonso
Tenacia, carisma, un carattere vincente ed una forte poliedricità. Fernando Alonso è tutto questo. Lo spagnolo, nato ad Oviedo il 29 luglio del 1981, a sette anni vince la sua prima gara in kart, a 15 il titolo Mondiale, a 20 esordisce in Formula 1 con la Minardi dopo una veloce apparizione nella Formula 3000, mentre a 24 si aggiudica con la Renault il primo dei due titoli iridati nella classe regina, che bisserà l’anno successivo. Il resto è storia (molto) nota.
Le stagioni tra Ferrari e McLaren, con diversi alti e bassi e un breve ritorno di fiamma ancora in Renault. L’addio alla Formula 1 e il passaggio all’Endurance con il team Toyota Gazoo Racing, scandito da due vittorie nella leggendaria 24 ore di Le Mans e dal titolo Mondiale della FIA WEC SuperSeason 2018-2019. Senza scordare una sfortunata comparsata alla 500 Miglia di Indianapolis, la magnifica vittoria alla 24 Ore di Daytona dell’anno scorso e, dulcis in fundo, la straordinaria e inattesa partecipazione alla Dakar 2020, sempre con Toyota, in coppia con la leggenda spagnola delle due ruote Marc Coma, conclusa con un eccellente 13° posto.
Un’esperienza, quest’ultima, che ha avuto in Cetilar Racing un partner d’eccezione, grazie ad un rapporto di stima reciproca nato durante le ultime due edizioni della 24 Ore di Le Mans. Un rapporto che nel tempo si è consolidato e che in futuro potrebbe riservare anche qualche nuova esperienza da condividere. Ma di questo, se e quando avverrà, avremo modo di parlare.
Oggi, grazie alla disponibilità di Fernando e del suo manager Alberto Fernàndez, torniamo a parlare di deserto, dune, sudore e dell’atmosfera unica che storicamente avvolge la Dakar, in occasione della prima volta di “Magic Alonso” sulla sabbia. Cercando di dare un’occhiata, prima di tutto, al suo personalissimo album dei ricordi.
“Sono davvero tanti, tutti molto forti. Quello più piacevole era l’atmosfera al bivacco che si viveva insieme agli altri piloti; un ambiente molto famigliare e unico in cui viene condiviso tutto. In una gara così estrema c’è bisogno di amici in qualsiasi momento, sia nel corso di una tappa che durante le soste, quindi l’ambiente è davvero molto bello, perché questo spirito di collaborazione è reale, palpabile”, rammenta con un sorriso. “Il ricordo più brutto e duro è stata la notte nel deserto, in occasione della tappa marathon: si partiva la mattina, poi si dormiva nel deserto e si tornava il giorno dopo. Sono stati momenti di grande stress, i più duri di tutto il rally”.
Nonché, a giudicare dai racconti dei protagonisti e dalle loro facce dopo chilometri e chilometri di guida tra le insidie delle piste sabbiose, l’essenza stessa delle corse nel deserto: competizioni riservate ai duri e puri del motorsport, a chi non si lascia intimidire da un inatteso looping dopo un decollo non autorizzato da una duna, a chi è capace di sporcarsi le mani (letteralmente) sotto un sole accecante, per cambiare una gomma o tentare una riparazione al motore. Praticamente una corsa a ridosso dell’inferno…
“Sì, la Dakar è durissima, ma è una sfida che sicuramente, in futuro, affronterò di nuovo. Non so ancora se in tempi brevi o tra qualche anno, anche perché è una gara che si può affrontare anche con un’età più avanzata. Ma sicuramente tornerò, prima o poi, per provare a vincerla”, incalza Alonso con decisione. “Sono consapevole che per un pilota nato e cresciuto sull’asfalto come me, rispetto agli altri sarà comunque più difficile. Per questo, quando sarà il momento, avrò bisogno di un intenso programma di test e allenamenti. Ma vincere la Dakar sarebbe davvero fuori dalla norma, quindi perché non provarci?”.
Perché, ci viene da pensare, una delle qualità migliori di Fernando, al netto di un talento naturale evidentemente fuori scala, è la smisurata ambizione. La stessa che due anni fa lo ha proiettato (con successo) nell’ambito dell’endurance, la conoscenza con Cetilar Racing e la successiva sponsorizzazione personale in occasione della Dakar 2020.
“Ho conosciuto e seguo costantemente tutta l’attività di Cetilar Racing. Il kart è una disciplina che a me piace molto, su cui sono nato. Anch’io ho una scuola di karting in Spagna e tutte queste iniziative che Cetilar ha intrapreso per aiutare i giovani con il progetto Performance sono davvero molto importanti dal mio punto di vista. L’endurance invece è una categoria unica, con gare lunghe e difficili, di grande condivisione non solo con i compagni di vettura a cui lasci la guida, ma con i meccanici e tutti i membri del team, sempre pronti a darti una mano giorno e notte. C’è una grande condivisione del lavoro, ma non solo. Ci sono anche altri aspetti interessanti. Ad esempio, si condivide la pista con altre tre categorie, con relative prestazioni diverse. Quindi in pochi decimi di secondo devi trovare un accordo con chi ti sta davanti per sapere se andare a destra o sinistra. Questo modo di capirci in pista, tra noi piloti, è qualcosa di speciale. Così come lo sono i successi, di cui ho un gran bel ricordo: il titolo Mondiale FIA WEC e le due edizioni della 24 Ore di Le Mans vinte, sono momenti davvero speciali della mia carriera, paragonabili alla vittoria di un Gran Premio di Formula 1”. E se lo dice uno che di Gran Premi ne ha vinti 32, su un totale di 314 partecipazioni, c’è veramente da credergli…