Matteo Bortolaso, vicepresidente di Verona Marathon: storie di passione allo specchio 

4 MIN 15 Novembre 2016

La Verona Marathon è oggi una delle 5 maratone più belle e più partecipate d’Italia. Nata nel 2001 dal Gruppo Alpinisti Amici del Carega (oggi vivo come GAAC 2007) dedicato alla corsa in montagna fino al 1965 quando ci fu la svolta verso l’atletica leggera. Un gruppo sportivo che ha origini lontane nel tempo e che ha saputo mantenere l’esperienza, la dedizione e la passione necessarie a realizzare un evento di successo.

Dopo lo stop di un anno nel 2008, la Verona Marathon ha ripreso regolarmente migliorandosi edizione dopo edizione grazie alla rinascita del team GAAC 2007 avvenuta nel febbraio 2008 con l’organizzazione della prima edizione della Giulietta & Romeo Half Marathon.

Nel 2014 le capacità organizzative di GAAC 2007 sono state suggellate dall’organizzazione del Campionato Italiano Assoluto di Mezza Maratona in concomitanza con la 7° Giulietta & Romeo Half Marathon che ha visto 6.200 atleti al traguardo, oltre a 500 staffette; nell’edizione 2015 l’organizzazione ha registrato il record assoluto in termini di iscritti che quest’anno spera di eguagliare se non sorpassare…

Abbiamo chiesto a Matteo Bortolaso, Vicepresidente di Verona Marathon, di raccontarci questa storia di crescita e di passione dal suo punto di vista. Ecco cosa è venuto fuori.

 

– Qual è il segreto della crescita di Verona Marathon?

Sicuramente un ottimo rapporto con l’amministrazione comunale e in particolare con il sindaco Tosi. Quando le istituzioni e con loro la città percepiscono il valore che può portare in termini di turismo, di eventi correlati, di introiti per le varie attività commerciali, un evento come la Verona Marathon, si può dire che il gioco è fatto, o quasi. Senza un confronto e una condivisione d’intenti con le istituzioni non si va da nessuna parte.

Ovviamente altrettanto importanti sono le collaborazioni con le varie associazioni podistiche volontarie che si fanno carico di tutta la gestione logistico-organizzativa insieme ai Vigili Urbani che si occupano del traffico. Noi come a Firenze abbiamo dei grossi tratti di percorso completamente blindati al traffico e come è facile immaginare è un aspetto che dà tanto valore all’evento quanto difficile è la sua realizzazione.

 

– E lato podisti? Cosa invoglia ogni anno migliaia di podisti a scegliere Verona?

I podisti vanno coccolati. Significa dare il massimo delle informazioni di cui hanno bisogno fin dal primo momento in cui si entra in contatto con l’evento. In tutto il periodo prima della gara il podista deve potersi affidare a un sito credibile, a delle newsletter frequenti che gli raccontino l’avvicinamento alla gara e che lo informino di tutti i servizi di cui può usufruire.

Il mondo del running negli ultimi anni è cresciuto molto e il podista medio è molto più social di quando ho iniziato a correre io. Sono aspetti che vanno tenuti presenti perché sono in continuo divenire. Poi è chiaro: la macchina organizzativa il giorno dell’evento deve funzionare quanto più possibile alla perfezione, altrimenti tutto il lavoro prima viene vanificato.

Un elemento che sta andando per la maggiore in tanti eventi è aggiungere, a fianco dell’evento principale, le così dette family run, corse non competitive di meno km che possono essere fatte anche camminando e che offrono una versione ridotta dell’evento sportivo a chi si trova ad accompagnare i maratoneti. Da 7 anni facciamo la nostra non competitiva di 10 km che è sempre più partecipata anche dai veronesi.

Noi andiamo inoltre particolarmente fieri della nostra medaglia perché ci rappresenta e ci lega alla città, differenziandosi se vuoi dalle solite medaglie che si vedono in giro. Ha un valore in sé ed è già un ricordo estremamente riconoscibile della nostra identità.

 

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– Sei vicepresidente di Verona Marathon: da dove nasce la voglia di stare dall’altra parte di una gara podistica?

Io ho poco più di 60 anni e ho iniziato a correre tardi, la prima maratona l’ho fatta a 42 anni. Eravamo un gruppo di amici molto affiatati con cui abbiamo girato il mondo a suon di maratone: New York, Londra, Parigi, Stoccolma, Instabul, Berlino, Francoforte, Monaco, Nizza e poi le italiane Venezia, Firenze, Ferrara, Milano, Torino e infine Roma, per me la più bella del mondo… ne ho fatte 35. Correndole impari molto, noti le differenze, vedi cosa funzione, cosa no e quindi anche cosa puoi replicare. A un certo punto mi sono ritrovato dalla parte dell’organizzazione a mettere in pratica tutte quelle cose che potevano funzionare anche in una città come Verona. Un esempio di cui vado molto fiero è la gestione dell’acqua nei punti ristoro: non le diamo con le bottigliette che poi si traducono in uno spreco di plastica e di acqua ma usiamo dei bicchieri biodegradabili aprendo delle fontanelle direttamente dai pozzetti dell’acquedotto. Questo lo abbiamo imparato a Berlino…

 

– A conti fatti: meglio organizzarle o correrle? Riusciresti a fare una graduatoria?

È dura da fare… La preparazione di una maratona, per quella che è la mia esperienza, richiede dalle 10 alle 12 settimane per poter arrivare al meglio della forma. Conosci la fatica e il sacrificio necessario per raggiungere la tua forma ottimale. Che poi ognuno ha il suo meglio e non essendo un atleta professionista non ho mai puntato a vincerle quanto a fare un buon tempo per me. Dopo la gara però si ritorna a una vita normale e ai propri ritmi… Quando invece le maratone le organizzi la tua vita viene sconvolta per mesi e per 14 ore al giorno! Se dovessi fare un bilancio considerato l’andamento della Verona Marathon direi che è positivo anche se non ho più tempo/voglia per prepararne una da correre. È una fatica che ha un costo differente ma che ad oggi mi ritrovo a fare molto volentieri e con grandi soddisfazioni.

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