In barca, al cinema

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Il mare come location cinematografica è un grande classico. In barca a vela sono stati ambientati interessanti film di vario genere, dall’avventura all’horror.
E infatti, se mare aperto e squali sono già un buon inizio per un film di paura, Hughie Warriner, lo psicopatico di Dead Calm, Ore 10: calma piatta, è pronto per dare il colpo di grazia.

La trama: John e Rae Ingram, marito e moglie, partono per una crociera nel tentativo di dimenticare una terribile disgrazia familiare. Durante una giornata, appunto, di calma piatta, appare all’orizzonte una goletta abbandonata con a bordo un solo superstite che dice di aver perso i suoi compagni: sono tutti morti per aver mangiato cibo avariato. La cosa avrebbe già dovuto “puzzare”, ma i giovani coniugi si portano a bordo, fiduciosamente, Hughie.
Da qui capita ogni nefandezza possibile e si arriva al finale con un leggero senso di mal di mare, ma il film, uscito nel 1989, interpretato da Nicole Kidman e Sam Nelly e tratto dal romanzo Punto Morto di Charles Williams, viene ancora trasmesso nelle nottate estive.

Sempre di tragedia si tratta, questa volta ispirata a un fatto vero, in Open Water, un film a basso costo uscito nel 2004 negli Stati Uniti. La storia prende spunto dalla vicenda di due sub, Tom e Eileen Lonergan, dimenticati nelle acque della barriera corallina australiana, nel 1989, dalla barca di accompagnamento dopo una immersione. Il film, girato in digitale, senza effetti speciali post produzione, è cinematografia solo per nome: è tutto reale, anche il morso di un barracuda durante le riprese, inoltre quando i protagonisti erano in acqua, avevano sotto la muta una protezione si dice di ferro, giravano squali vivi e vegeti. Come si può immaginare il finale non è da Deus ex machina.
Il film ha avuto un seguito, Alla deriva – Adrift, uscito nel 2006 con regia di Hans Horn, il cui slogan, “In the water no one can hear you scream.” la dice già tutta. Qui si tratta di un gruppo di amici, con precedenti per terrore del mare: rimangono in acqua senza possibilità di risalire a bordo, la scaletta non è stata calata. Scene terrificanti e finale con doppia versione, ognuno ha la sua preferita.

Si cambia genere con Deep Water – La folle regata, più un documentario che un film, uscito nel 2006 e girato da Jerry Louise Osmond. Narra la vicenda di Donald Crowhurst che decise di partecipare alla prima edizione del Golden Globe Race nel 1968, in solitario, senza scalo e senza alcuna esperienza! Il premio in denaro era stata la molla ispiratrice per Donald, pressato dai debiti e appoggiato dalla moglie. Il documentario inizia così: “We are all human beings and we all have dreams”.

In Solitario, un film francese del 2013, diretto da Christophe Offenstein e protagonista François Cluzet, ha avuto successo. E qui si arriva in mare aperto regatando: si tratta della circumnavigazione del globo in solitaria, la Vendée Globe. Il protagonista Yann Kermadec, lo skipper che parte per l’impresa, dopo pochi giorni di navigazione si rende conto di non essere solo, un ragazzino in fuga dall’Africa, è riuscito a salire a bordo. Per quanto bella seppur faticosa, la nuova amicizia mette a rischio la regata: se Yann tagliasse il traguardo per primo sarebbe squalificato perché in barca sono in due. Lacrimuccia in finale.

All is Lost, interpretato da Robert Redford, regia di J.C. Chandor esce nel 2014: qui le cose si mettono davvero male per l’attore dopo il naufragio nell’Oceano Indiano a più di 1700 miglia dallo stretto di Sumatra. Il protagonista rimane anonimo, non parla quasi e quando lo fa è per dire cose serie: “Mi dispiace. So che adesso questo significa ben poco, ma mi dispiace. Ci ho provato. Sarete tutti d’accordo che ci ho provato. A essere vero, a essere forte, a essere gentile, ad amare, a essere giusto. Ma non lo sono stato. Tutto è perduto”. La serie di soluzioni che il protagonista sceglie per sopravvivere in mare sono incredibili. Finale tachicardico.

Di recente pubblicazione il libro 438 giorni: l’incredibile storia vera di un uomo sopravvissuto all’Oceano di Johnatan Franklin, Fabbri Editore. Una storia vera quella di José Salvator Alvarenga, un pescatore disperso con la sua barca durante un’uscita al largo di Costa Azul, in Messico. 483 giorni, sopravvissuto, chissà se ispirerà un regista?

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